L’aspetto calmo e tranquillo di Photosynthesis non deve trarre in inganno. Sotto questi splendidi alberelli si cela un gioco astratto decisamente tattico.
I giochi da tavolo, si sa, stanno avendo in questo momento storico un nuovo posto al sole, aumentando il proprio pubblico e diventando sempre più un fatto di costume non solamente ludico.
Per questo motivo si sta assistendo da qualche anno ad una grande ricerca nel campo dei materiali usati e della presenza scenica dei giochi da tavolo; in una parola, del colpo d’occhio che il gioco è in grado di offrire al proprio pubblico per farsi notare.
Photosynthesis di Oliphante è un gioco che fa di questa “mise en scene” uno dei propri punti forti, senza però essere tutto fumo e niente arrosto, unendo ad una qualità grafica (e materica) incredibili un ottimo gioco astratto che farà la felicità di molti giocatori. Ma procediamo con ordine…
Il gioco in breve
Photosynthesis è un gioco astratto competitivo, per 2-4 giocatori, in cui nell’arco di 3 turni (4 nella modalità avanzata) si faranno nascere e crescere alberi in modo da accumulare punti, stando però attenti a non trovarsi all’ombra degli alberi avversari.
Aspetto
Come accennato nell’introduzione, Photosynthesis è un gioco che lascia letteralmente a bocca aperta. Appena aperta la scatola per la prima volta viene quasi da chiedersi se tutto il cartone (grosso e ben stampato) che è stato utilizzato per creare il gioco, non abbia, a sua volta, causato il disboscamento di un piccolo boschetto.
Gli alberi sono bellissimi, molto dettagliati, e ogni specie ha un colore identificativo ed una forma ben riconoscibili (acero rosso leggermente ellittico, pino bluastro a punta etc…) in modo da non far venire alcun dubbio, durante il gioco, di quale giocatore sia un albero sul tabellone.
Il tabellone è semplice e pulito, molto leggibbile, e il “sole” (un pezzo di cartone dalla forma “a ponte” usato per vedere la direzione dei raggi solari) è forse uno dei pezzi più caratterizzanti del gioco ed è piegabile a metà per poter essere facilmente riposto nella scatola.
Infine, una volta defustellato e montato tutto, ci si accorge che ci sono 4 divisori in cartone da inserire nel fondo della scatola, in modo da poter riporre tutto con incredibile facilità (a patto però di sdraiare gli alberi, quelli medi e quelli grandi sono più alti della porzione inferiore della scatola stessa).
Tutti gli elementi danno un’atmosfera bucolica e rarefatta al gioco, che ingolosisce alla prova chiunque lo veda aperto per la prima volta.
(“Presente!” – il recensore alza la mano…)
Io l’ho provato a Lucca nonostante prima di vederlo fossi assolutamente sicuro che, dato le tematiche, questo gioco non mi interessasse affatto, e infatti, una volta tornato dal festival, mi sono fiondato dal mio negoziante di fiducia e l’ho ordinato 😀 )
Dinamiche di gioco
L’aspetto calmo e tranquillo di Photosynthesis però non deve trarre in inganno. Sotto questi splendidi alberelli si cela un gioco astratto decisamente tattico.
Inizio subito dicendo che uno degli aspetti più intriganti e difficili del gioco riguarda la sua “circolarità”. Durante ogni round infatti il sole si sposterà 4 volte attorno al tabellone, facendo ottenere ai giocatori dei “Punti Sole” che permetteranno loro di piantare, far crescere o “raccogliere” i propri alberi per ottenere punti. Questa ricorsività fa sì che sia fondamentale, se si vuole giocare in modo cosciente e “competitivo”, tenere sempre presente la posizione dei propri alberi (e di quelli avversari) rispetto a dove il Sole è e a dove sarà, cercando di prevedere in anticipo almeno un paio di mosse per non dover “rincorrere” sempre i raggi solari o, ancora peggio, ritrovarsi involontariamente sotto l’ombra degli alberi avversari.
Questi tatticismi sono ovviamente più controllabili (e prevedibili) quando si gioca in 2, situazione in cui il gioco diventa quasi una partita a scacchi e la fortuna è praticamente assente dal gioco.
Ma anche giocando in 3/4 Photosynthesis è davvero soddisfacente, anteponendo alla strategia dura e pura, un modo di giocare più “creativo”, dove il trovare rapidamente soluzioni alternative ai propri piani originali diventa un fattore chiave per poter vincere il gioco, districandosi tra ombre inaspettate e il rapido ridursi di “spazio vitale” sul tabellone.
In tutta questa armonia tra dinamiche astratte ed ambientazione la sola cosa che inizialmente può sembrare contro intuitiva è l’azione del raccogliere un albero.
Quando un albero raggiunge piena maturazione, ed è una bellissima pedina che si erge alta sul tabellone e che offre al proprio giocatore parecchi punti luce (e la soddisfazione di averla curata fino ad allora), è possibile abbatterlo per ottenere un gettone con sopra un numero di punti dipendente dalla casella in cui l’albero è nato e cresciuto. Questa raccolta è il modo migliore per ottenere punti, ma, durante le prima partite, fa quasi dispiacere vedere tanta “fatica” nullificata per un mero punteggio.
Infine, altra dinamica molto intrigante e decisamente ben congeniata, è quella di dare ad ogni giocatore una plancia in cui poter mettere gli alberi ed i semi da poter successivamente comprare per poi metterli in gioco. Questa plancia ha slot limitati e questo fa sì che, se non si presta attenzione, nei primi turni del gioco si può rischiare di scartare definitivamente alcune pedine, riducendo di alcune unità (per tutta la durate della partita ) il proprio pool di semi alberelli.
Esperienza di gioco
Ho avuto la fortuna di trovarmi in una situazione che ritengo mi abbia fatto apprezzare molte delle sfaccettature di Photosynthesis.
Ero a casa di amici che non hanno praticamente mai giocato a giochi da tavolo, ma, una volta aperta la scatola, anche se era tardi come orario, hanno voluto assolutamente giocare almeno un paio di partite, desiderosi di mettere le loro mani sugli alberelli.
L’emozione di vedere crescere i propri alberi sul tabellone ad ogni turno ha attenuato davvero molto il lato astratto del gioco, e ha fatto digerire un regolamento che, sebbene sia tutt’altro che complesso, sono sicuro che avrebbe generato molta più resistenza, in giocatori alle prima armi, se il gioco non avesse un aspetto grafico così appagante.
Durante la partità però mi sono accorto di una cosa di cui i giocatori più preparati devono tenere conto.
Photosynthesis non è propriamente un gioco che definirei introduttivo. È abbastanza complesso, ma, come detto poco prima, il suo aspetto fa troppo gola per non volerlo giocare.
Per questo motivo, e per il fatto che comunque sia un ottimo gioco a livello di dinamiche e regolamento, chi ha più esperienza deve cercare di “andarci piano” con i giocatori alle prima armi, perchè altrimenti l’esperienza può risultare frustrante. Durante la prima partita, e vi assicuro che non sono un genio, mi sono reso conto che stavo giocando in maniera troppo efficace e che stavo facendo molti più punti dei miei avversari, che invece erano troppo intenti ad ammirare la possibilità di far crescere le piante e a cercare di ricordarsi le regole. Rendendomi conto di questo ho rallentanto il mio stile di gioco, e alla fine, seppur abbia vinto, tutti hanno apprezzato decisamente molto l’esperienza.
Già alla seconda partita i miei amici hanno iniziato a concentrarsi maggiormente sui punti e meno sulla bellezza del gioco, e hanno iniziato a provare strategie molto più competitive rispetto al “far crescere l’albero fino al massimo per poter mettere in gioco la pedina alta”.
Photosynthesis insomma è uno di quei giochi in cui la fortuna conta davvero poco (specialmente, ripeto, giocato in 2) e quindi noi, e con noi intendo noi giocatore un po’ più scafati, dobbiamo attivamente chiederci contro chi stiamo giocando per non rovinare ad altri un’esperienza di gioco che è davvero notevole, ma in cui chi sa giocare meglio difficilmente potrà perdere contro qualcuno meno preparato di lui e magari rischierà di annoiarsi se giocherà contro avversari di livello troppo basso rispetto al suo.
Conclusione
C’è un motivo se Photosynthesis è un gioco sulla bocca di tutti. È un gioco bellissimo da vedere, che invoglia a essere giocato e che, se non lo è già, diventerà presto un vero e proprio classico.
Lo stile grafico meraviglioso (lo so, l’ho già detto almeno 100 volte) e l’atmosfera bucolica e pacifica lo possono far apparire un po’ troppo un “family game”, ma se ci lascia tentare dagli alberi e ci si mette a giocarlo, ci si rende conto che si ha a che fare con un gioco che è a tutti gli effetti un ottimo astratto in cui ci si può sfidare a colpi di ombre e di rami senza mai annoiarsi.
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