Videogiochi Open World: punti di forza e punti deboli

Uno fra i generi videoludici che, nel corso del tempo, ha subito maggiormente l’impatto del progresso tecnologico nel settore dei videogiochi è, senza ombra di dubbio, il genere open world. Il succedersi di nuove tecnologie, sempre più potenti, ha avvantaggiato in special modo questo genere, particolarmente bisognoso di risorse per portare sullo schermo ogni piccolezza […]

Uno fra i generi videoludici che, nel corso del tempo, ha subito maggiormente l’impatto del progresso tecnologico nel settore dei videogiochi è, senza ombra di dubbio, il genere open world. Il succedersi di nuove tecnologie, sempre più potenti, ha avvantaggiato in special modo questo genere, particolarmente bisognoso di risorse per portare sullo schermo ogni piccolezza inserita dagli sviluppatori nel mondo di gioco. In effetti, se a tecnologie sempre più potenti corrispondono giochi open world sempre più potenzialmente vasti, ricchi e dettagliati, ci sarebbe da aspettarsi che il genere diventi il padrone incontrastato dell’industria videoludica; se così, fortunatamente, non è, il motivo va cercato nelle caratteristiche del genere, che non ogni titolo si rivela in grado di sfruttare appieno.

Partendo proprio dal mondo di gioco, una delle difficoltà più importanti per qualsiasi titolo non è tanto creare un mondo vasto, quanto riempire il mondo di attività significative: un ottimo esempio in questo senso è costituito da Mafia 3. Gli sviluppatori si sono prodigati nel creare una città ispirata allo stile della New Orleans degli anni ’60, e con ottimi risultati. La varietà dei quartieri della città e il bayou che la circonda sono resi in maniera eccelsa; purtroppo, l’eccellenza rimane confinata all’aspetto visivo, con una drammatica penuria di possibili attività al di fuori della trama principale. Né, d’altra parte, è sufficiente al contrario inserire bizzeffe di attività secondarie: gli ultimi titoli di Assassin’s Creed, che si superano l’un l’altro per le dimensioni del mondo di gioco, propongono attività secondarie ripetitive e ridondanti, spesso viste come nient’altro che perdite di tempo. A fare da contraltare, invece, è la filosofia adottata da Rockstar, che ha fatto del formato open world una delle chiavi del suo successo: prendendo come esempio le mappe dei vari GTA o Red Dead Redemption, è subito chiaro come il mondo di gioco sia letteralmente zeppo di attività secondarie e intrattenimenti vari, tutti ben contestualizzati in una mappa credibile e immersiva.

Altro aspetto particolarmente importante è la storia del gioco: sembra scontato, ma una mappa di gioco enorme riceve valore soprattutto in ragione delle vicende alle quali fa da sfondo, in particolar modo quelle della storia principale. Se si prende ad esempio Batman Arkham City, diventa subito evidente la criticità della storia. La trilogia Arkham ha costantemente ampliato la mappa di gioco, fino ad arrivare all’eccellente resa di Gotham City fatta nell’ultimo capitolo. La storia, tuttavia, non ha compiuto gli stessi progressi: la narrazione si è fatta più scontata rispetto ai precedenti capitoli e il finale, addirittura, è stato da molti considerato fra le peggiori conclusioni videoludiche, in ogni caso non all’altezza di quanto vissuto nel corso dell’avventura. All’opposto, può essere considerata la trama di Far Cry 3: la caratterizzazione dei personaggi porta la trama a snodarsi attraverso riflessioni che non è esagerato definire filosofiche, seguendo l’evoluzione e spesso lo scambio di posizioni tra gli stereotipati buoni e cattivi. Altro buon esempio arriva da The Witcher 3, il cui mondo è anche al centro di serie tv e giochi da tavolo: la trama del gioco, nonché dei suoi contenuti aggiuntivi, è in grado di appassionare il giocatore per ore.

Infine, altro aspetto molto spesso sottovalutato è quello legato all’esplorazione. In un open world essenza stessa del gioco è la libera esplorazione della mappa, volta a ricercare citazioni, riferimenti e magari easter eggs. Impedire l’accesso a determinate aree della mappa, consentendolo solo in un momento successivo, è spesso una necessità inevitabile per un gioco open world; tuttavia, tale scelta non sempre è inserita in maniera armonica con il mondo di gioco. Sicuramente non è l’ideale popolare determinate aree di nemici spropositatamente potenti, che ne impediscano l’esplorazione posticipandola a un momento in cui si sarà in grado di affrontarli: come visto negli ultimi capitoli di Assassin’s Creed, ormai sempre più pervasi da statistiche e valori tipici di giochi di ruolo, una decisione del genere risulta artificiosa e difficilmente accettata. Viceversa, l’accessibilità a determinate aree ottenuta tramite evoluzioni della trama risulta molto più gestibile, soddisfacendo in maniera coerente la necessità di inserire ambientazioni nuove: è di nuovo il caso di titoli come Red Dead Redemption 2 con Guarma e il New Austin, oppure The Witcher 3 con Skellige: non a caso, si tratta di titoli inseriti fra i migliori open world degli ultimi anni.


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